Abbiamo iniziato a chiamarti così una mattina del 1980 o giù di lì, dopo una nottata nella casetta dei tuoi, alla Malga di Susà, dove la corrente elettrica non c’era, e noi facevamo le prove dell’essere grandi. Avevamo forse 16 anni e l’autorizzazione a non rientrare in famiglia per la notte, così caricavamo i motorini con dei liquori dolciastri rubati in casa, qualche pacchetto di sigarette da dieci e lassù, col registratore a cassette con le pile sempre scariche, aspettavamo l’alba. Spesso vomitavamo. E ci sembrava di aver compiuto un’impresa.

La vita poi, srotola davanti a noi percorsi diversi, che ogni tanto si incrociano per poi allontanarsi di nuovo.

Stesso paese, stesso asilo e stesse scuole elementari, stesse passioni, musica e motorini. Se c’era una nuova elaborazione, eri il primo a collaudarla per poi dirci come andava. Quante modifiche su quei cinquantini e quante “grippate” per aver osato troppo.

Il primo vero “Stereo” ce l’avevi tu e da te abbiamo ascoltato per la prima volta i Deep Purple ed il Rock and Roll. Impazzivi per i “Kim and the Cadillacs” sulle cui note azzardavi anche qualche passo di ballo. I primi tuoi vinili ci hanno aperto un mondo fino ad allora ristretto tra Celentano e la Disco Music del Paradisi Star.

Come spesso accade tra amici, ci si perde di vista ma poi ci si ritrova ripartendo da dove ci si era lasciati. Così eccoci alle partite di calcio nei tornei dei bar, dove, dopo un inizio da portiere (quando ancora era il numero uno), hai preferito seguire la squadra da massaggiatore/infermiere, armato di una borsa medico-sportiva piena di prodotti ed aggeggi che in realtà un po’ ci inquietavano e che fortunatamente non hai mai dovuto usare. Credo fossimo l’unica squadra dei bar d’Italia ad avere un massaggiatore personale.

Poi il lavoro ci allontana finché una notte ti rincontro, io con la giubba blu da Poliziotto e tu bianco ed infarinato a sfornar pane. Da quella volta, nei turni di notte passavo sempre di là per un panino o una pizzetta che tu preparavi, incurante dei richiami del capo.

Poi altri anni sono trascorsi finché oggi ti ho ritrovato sul giornale.

Ciao Guido, sei stato il primo in tante cose di noi ragazzini, che alla Malga di Susà aspettavano l’alba, e mi piace pensare che anche stavolta hai solo voluto anticipare tutti per vedere cosa c’è di là per poi tornare a raccontarcelo. Ti aspettiamo.

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