Come era bella Trento a dicembre.
Vetrine luccicanti, suonatori di zampogne, gente carica di pacchetti, luminarie appese in ogni via. E poi profumo di brulé, cappotti, loden, cappelli e sciarpe.
Spirito natalizio alla massima espressione, così, coinvolti dalla situazione, io e Alfio ogni tanto accendevamo l’ampia gamma di lampeggianti colorati che portavamo sul tetto della Volante, creando un piacevole effetto ottico, lo stupore di qualche bambino e l’istintiva e salutare fuga di molti malintenzionati.

Mancava poco a mezzanotte così ci avviammo verso la Questura con quell’aria quieta e paciosa che solo due poliziotti che stanno per terminare il loro turno di servizio sanno assumere.

Fu in viale Verona che notammo, sul bordo della strada, una vecchietta seduta su una panchina con il viso nascosto tra le mani. Accostammo. Si vedeva che aveva pianto. La donna cercò di ricomporsi e senza aprire gli occhi iniziò a parlare:
E’ tutta colpa mia… non avrei dovuto dargli retta, ma sembrava una così brava persona. –Ma come fai ad andare in giro ancora con quell’asino?– Mi diceva, – nel ventunesimo secolo quello che conta è la velocità. Dallo a me che lo faccio diventare veloce come la luce – e così ho fatto. Che povera vecchia che sono, pensi, agente che ho anche licenziato il mio aiutante Gastaldo… ed ecco il risultato!”
Indicò con un suo magro dito una luminaria appesa tra due palazzi: un asinello fatto di lucine rosse, correva come impazzito da una estremità all’altra senza sosta.
Mi girai verso Alfio che si era fatto stranamente serio e pensieroso. Per me era solo una vecchia un po’ svitata da riportare dai famigliari o in qualche casa di riposo dalla quale sicuramente era scappata.
Torno subito.” mi disse Alfio allontanandosi di corsa. La signora ricominciò a parlare:
Capisce che adesso non posso svolgere il mio compito? Chi lo spiegherà domattina a tutti i bambini? Quello a cui ho dato l’asinello diceva di avere a cuore i desideri dei piccoli… di avere una fabbrica di giocattoli…

Stavo precipitando nella trama di uno di quei film strappalacrime di Natale e giuro, non avevo nemmeno assaggiato un goccio di vin brulé.
Mancava che la svitata mi dicesse che l’uomo che le aveva sottratto l’asinello era un vecchio panzone barbuto vestito di rosso e il filmone di Natale era bell’e pronto.
Cercavo un elegante modo di uscire da quella appiccicosa situazione, quando improvvisamente le luminarie natalizie di tutta la zona si spensero. Fu una sospensione di pochi secondi, ma sufficienti per far apparire Alfio alle mie spalle in compagnia di un curioso quadrupede peloso dotato di un considerevole paio di orecchie.
Alfio, vuoi farmi venire un infarto? Ma dove sei andato e soprattutto questo cosa è???”
Un ciuccio compà!” rispose beato il mio socio.
Lo vedo che è un asino, ma dove…. come… “
Ispetto’, non è obbligatorio dare sempre una spiegazione a tutto. Senti qua: di dove sono io?”
Di Napoli Alfio, ma che c’entra?”
C’entra c’entra. E qual è il simbolo del Napoli, della squadra di calcio, la sua mascotte?”
Che ne so io Alfio, lo sai che non me ne intendo…”
La mascotte del Napoli è il ciuccio…. l’asino! Vuoi che un napoletano non sappia trattare con un ciuccio? Su, da bravo vai dalla padrona tua…”
Come un cagnolino ubbidiente, l’orecchiuto quadrupede si incamminò verso la vecchietta.

Alzai istintivamente lo sguardo verso la luminaria, temendo quello che stavo per vedere, anzi per non vedere ed infatti il frettoloso somarello di lucine rosse che saltellava era sparito. Al suo posto luccicava un più consono e statico rametto di vischio verde con palline rosse.
Abbassai lo sguardo.
Ok voi due, adesso basta scherzi e ditemi…”
Le mie parole rimasero sospese nel vuoto. La nonnina e l’asinello erano spariti, mentre Alfio era risalito in macchina. Provai un secondo brivido e per quella sera decisi che ne avevo abbastanza. Salii sulla Volante e chiusi la portiera.
Adesso tu mi spieghi…”
Alfio mi interruppe:
Ne vuoi?” disse, allungandomi lo spicchio di un mandarino che stava sbucciando. Sulle sue ginocchia ne aveva molti altri, poi torroncini, caramelle, monetine di cioccolata, bagigi, e…. ovviamente un asinello di pane all’uvetta.
Lo guardai sospettoso infilandomi un torroncino in bocca:Non è obbligatorio dare una spiegazione a tutto vero? Specialmente stasera…”
Alfio non rispose, ingranò la prima e si avviò verso la Questura.

Nella dettagliata relazione di servizio del 12 dicembre che scrissi quella sera, non c’è ovviamente traccia di tutto questo.

Ma vi assicuro che è tutto dannatamente vero.


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